Il salame è un impasto dei tagli più pregiati della carne di maiale, che viene poi insaccato e stagionato.
Questo salume fa parte non solo della storia e della cultura delle terre emiliane, ma anche della sua arte. Nel Battistero di Parma e nel Duomo di Fidenza sono scolpite scene di lavorazione dei salumi, che risalgono al XIII secolo. E su una porta del Duomo di Modena è rappresentato un uomo che, seduto su uno sgabello, lavora la coscia di un maiale con un coltello.
Sempre a Modena i Salsicciai e Lardaroli, che si danno uno statuto autonomo a partire dal 1598, dettano le regole per chi esercita il mestiere: perfetta qualità della carne e assoluta professionalità. Gli artigiani delle Corporazioni consolidano metodi di antiche lavorazioni e creano le basi di quella che diventerà l’industria salumiera.
Nel 1583 vengono pubblicati a Cremona gli Annales di Cavitelli, in cui si parla di “un tipo di salsiccia di carne suina o bovina, tagliata a pezzettini, macinata e mescolata a polvere di pepe o zenzero, cinnamomo, cannella e altri aromi e infilata negli intestini degli animali e legata e subito cotta al fuoco in acqua oppure arrostita, imbandita sulle mense e mangiata dai convitati”. Infatti, fino a circa metà Ottocento, i salumi venivano generalmente consumati cotti, solo successivamente si iniziò ad usare appunto la definizione di “crudi”.
Altro territorio famoso per il salame è quello parmense, con il paese di Felino in particolare. Nel 1581 il salame compare in un manuale di cucina di Vincenzo Cervio, che lavorava alla Corte dei Farnese; si riferiva a un insaccato costituito da carne e grasso di maiale, condito con sale e pepe in grani, insaccato in un budello e poi messo a stagionare. Sulle mense dei Farnese, dei Borboni, e della duchessa Maria Luigia d’Austria era presente il salame; del resto la stessa Maria Luigia nel 1822, con Sovrana risoluzione, istituisce il mercato di Felino dove “si fa lo spaccio anche di buoni salati”. Sovrana illuminata e lungimirante. Ed anche a Ferrara, alla corte dei duchi d’Este, si gustavano prodotti di salumeria, tra cui la famosissima salama da sugo, che univa alla ricchezza e morbidezza della carne le fragranze delle spezie e il sapore deciso del vino rosso.
Fino a circa la metà del ‘900 le macchine per la lavorazione del salame, e dei salumi in generale, erano poche. Azionate da motori elettrici, venivano utilizzate per macinare, impastare e insaccare. Sarà soltanto a partire dagli anni ’60 che l’evoluzione tecnologica inizierà ad acquisire una maggiore importanza. Ciononostante ancora oggi nel settore salumiero la mano dell’uomo è considerata una componente fondamentale che fa la differenza tra una produzione di tipo prettamente industriale e una a forte connotazione artigianale.