Lo zampone è una leggenda fin dalla nascita. Si racconta che risalga al 1511, durante l’assedio delle truppe di papa Giulio II Della Rovere al castello di Mirandola, vicino a Modena.
Gli assediati furono costretti ad uccidere numerosi suini per non farli cadere nelle mani nemiche. Bisognava quindi escogitare un sistema per conservare queste grandi e preziose quantità di carne. L’idea di uno dei cuochi di Pico Della Mirandola fu quella di insaccarle nelle zampe dei maiali, creando così l’antenato dell’attuale zampone.
Verso la fine del ‘700 nell’immaginario gastronomico collettivo lo Zampone Modena sostituì (insieme all’altrettanto famoso Cotechino) la salsiccia gialla che rese celebre Modena già nel Rinascimento. L’800 consacrò il successo su larga scala del prodotto, come testimoniano gli scritti del gastronomo romano Vincenzo Agnoletti e le numerose testimonianze letterarie.
È proprio nel XIX secolo che il nome del prodotto, fino a quel momento chiamato Zampetto, vira su Zampone, e forse a coniarlo è il ghiotto musicista Gioacchino Rossini in una lettera del 1838 a un salumiere modenese, in cui chiede “sei cappelli da prete, quattro zamponi e quattro cotechini, il tutto della più delicata qualità”. Emile Zola ammoniva: “se volete allegria, mangiate modenese, lo zampone dà gioia ad un animo triste”.
Custode di questa antica specialità gastronomica italiana, così come del suo prodotto gemello, il cotechino – che si differenzia dallo zampone solo per l’insacco, in budello naturale anziché nella pelle della zampa anteriore del maiale – è dal 2001 il Consorzio Zampone e Cotechino Modena IGP, che ha la missione di tutelarla e di promuoverne la conoscenza.